Da bambini esisteva un gioco chiamato Campana. Consisteva nel lanciare un sasso, scelto con molta cura per via della sfiga, in una casella disegnata a terra e numerata in modo progressivo dall’uno al sei, dalla più vicina alla più lontana. Bisognava lanciare il sasso nella prima, saltellare su una sola gamba fino a riprenderlo, tornare indietro e rilanciarlo nella casella successiva, e così via. A parte il fatto che non ho mai capito perché si chiamasse Campana. Ma a me, quel gioco, annoiava.
Giocavamo in tanti e tutti sapevamo che saremmo arrivati al numero 6, prima o poi, e saremmo tornati indietro. Nessuno vinceva o perdeva. Ce la facevano tutti.
Quando poi il gioco finiva, rimanevamo in pochi ancora col sasso in mano a far le prove. Allora mi divertivo! Lanciavo a bomba sulla casella 6 e saltavo senza fermarmi. A volte ci riuscivo, a volte cadevo, a volte finivo sulle righe (Sei finita sulle righe! Hai perso! mi dicevano). A volte pensavo addirittura che avrei potuto disegnare altre sei caselle, e lanciare il sasso ancora più avanti per vedere se arrivavo a 12 tutto di fila (ma mi fermavo lì). Quando si è bambini si fanno tante cose sensate.
Oggi mi è tornato in mente quel gioco.
E mi è tornato in mente guardando una foto pubblicata sul sito di “Internazionale”. Una mela davanti a un Apple Store di Los Angeles con un saluto a Steve Jobs.
Inutile che vi dica chi è, cos’ha fatto, cosa diceva, com’è morto e perché.
Ho guardato la mela con la scritta incisa e mi è venuto in mente quel gioco.
Il primo post di questo blog è stato il famoso discorso ai neolaureati di Stanford. Il primo post di questo blog lo citava, perché riassumeva in poche parole ciò che volevamo dire, il perchè queste pagine esistono. Anche noi abbiamo usato una mela nel nostro video di promo, forse non del tutto inconsciamente. Vogliamo qualcosa di più.
Il perbenismo delle parole speso nei confronti dei grandi personaggi che scompaiono, più che altro postumo, si spreca, a volte in modo fastidioso. Steve Jobs non ha sconfitto la fame nel mondo, non ha trovato la cura al cancro, non ha cancellato la criminalità. Ha costruito un impero di miliardi di dollari vendendo prodotti alla portata di poche persone.
Ma non si tratta di misurare il grado di santità (per quanto sia un idolo per molti) di chi non c’è più.
Per noi, si tratta di essere grati ai lacci della fionda.
Steve Jobs ha cambiato il modo di concepire la realtà, la sua genialità ha cambiato le abitudini di milioni di persone, il suo percorso ha ispirato molti e continuerà a farlo.
Lui, da qualsiasi parte la si voglia guardare, ha cambiato il mondo.
Ovviamente, anche noi vogliamo. Vorremmo.
Animare e ispirare gli altri, spingere le persone verso le proprie ambizioni e sostenere il coraggio di chi segue una strada nuova è il modo migliore per risollevarsi dalla staticità opprimente dovuta ad una crisi sociale mondiale che stiamo vivendo in questi ultimi anni.
Bisbigliare a qualcuno “attento, potresti cadere” è completamente diverso dal dirgli “se cadi, rialzati”.
Quando mi era balenata per la mente l’idea di creare questo blog, la pagina Facebook, gli eventi, promuovere concorsi, ho pensato a un nome che spaccasse. FameChimica non è originale, si sa, già usato, soprattutto per chi di voi capita su questo post perché cercava altro! Ma volevo quel nome, era l’unico nome che potesse avere. Era però ancora un’idea, perché non sapevo, e non so tutt’ora, se riuscirò a raggiungere l’obiettivo per cui FameChimica esiste: sfamare le persone, se non per il pranzo intero, almeno per l’aperitivo. Poi un amico mi ha suggerito il discorso di Steve Jobs e dopo un’ora era tutto come lo vedete adesso.
Non prometterò nemmeno per un secondo che FameChimica arriverà lontano, neanche sotto tortura. Ma non riesco a immaginarmi un inizio senza un poi, che sia io, che siano le persone che si sono unite al Gruppo, che siate voi che state leggendo, ad esempio. Un poi generato dalla voglia di arrivare un po’ più in là di dove si è.
E’ come quando si gioca a Campana. Se si lancia il sasso più avanti, più a lungo si è costretti a saltare e in equilibrio raccoglierlo. Più il sasso è lontano, più in avanti bisogna spingersi per raggiungerlo, anche oltre il limite delle sei caselle, in una visione di dodici, ventiquattro, quarantotto...
FameChimica
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