venerdì 13 aprile 2012

Pane quotidiano

I viaggi in treno vogliono la scrittura. A meno che uno sia costipato in un carro bestiame, stretto e unto come tonno in scatola. E la prima classe aiuta. Non é abitudine, era l'unica possibilità. Il vantaggio dell'unica possibilità. Viaggiare significa anche sapersi adattare, no?
Ma più che altro non c'é occasione migliore di un viaggio per rispondere alla domanda che mi ero fatta alcuni mesi fa, la stessa che mi ha spinto a bussare alla porta dei nostri amici espatriati e farmi una diagnosi precisa dei miei dubbi. E la risposta, carissimi sostenitori in punta di piedi, é si, voglio scappare.
É proprio un imperativo, un bisogno impellente, come il bagno dopo un litro di birra. Perché scappare? Perché ho molto ma non abbastanza, perché sento la mia città limitata e addormentata, il mio paese lento e i miei coetanei indifferenti. Non ho la certezza spudorata che altrove possa trovare ciò che cerco, ma di sicuro non é qui.
Ho provato a razionalizzare sapendo che il mio grave può essere appena sufficiente, se non buono, visto dall'angolazione giusta. E alla fine mi sono detta che voglio scappare perché non mi sento libera.
Saltando il discorso della fortuna della nostra generazione, perchè ormai è evidente quanto dissonante con quanto sta accadendo nel mondo ora. Evitando i luoghi comuni del giovane di oggi più fortunato del padre, giovane di allora. Dimenticandosi del fatto di essere viziati e svogliati, per quella miccia che ci manca sotto il culo (che forse non è proprio così). Tralasciando tutto questo, ugualmente non mi sento libera, perché non ho un'alternativa. Voglio andarmene non perché non amo il mio paese, ma perché non ho un'alternativa per restarci. E mi sono chiesta se questo é un motivo sufficiente per andarsene. Fatta, altri dubbi cazzo! Quindi mi sono riletta tutte le interviste, al limite della paranoia, come se non fosse già evidente dal tentativo di rendere un blog e una pagina facebook un passepartout per il miglioramento sociale. Delirio, ma sul serio ho chiesto a chi è andato via di raccontarmi il meglio di fuori per portarlo qui. Paroloni senza (molti) fatti. Lo so.
Ma se ci fosse? Se sul serio esistesse un'alternativa me ne andrei?
No.
É come quando uno ha fame e non ha niente in casa, solo acqua e farina, quindi esce per andarsi a comprare qualcosa (non datemi della retrò se ho messo uscire anziché chiamare un take away). Ecco, uno esce.
Ma se imparasse a farsi il pane?
Buon week end.



FameChimica

1 commento:

  1. Il discorso è complesso, quasi tentacolare, oserei dire.
    Io per anni ho pensato di essere nata nella parte sbagliata del mondo, e che se avessi avuto gli occhi a mandorla sarei stata molto più felice, ma poi ho realizzato che avrei avuto altri miti, altri desideri... questo è il modo migliore di crescere. Prendere consapevolezza che in fin dei conti, non ci sarà un posto migliore al mondo, se non quello che abbiamo già, se saremo disposti a migliorarlo, ovvio!
    Ottima riflessione... quando si è seduti comodi il cervello va che è una meraviglia!

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