Quando ti accorgi che ormai è troppo tardi, fai un lungo respiro. Non
tanto per risucchiare aria e nutrire il cervello perché trovi una soluzione in
meno di 2 secondi. Serve per dirti ci-sei-dentro-fino-al-collo-giovane tutto d’un
fiato. Se prendi tempo per scandire le parole non arriverai mai alla fine della
frase.
Pensavi capitasse solo agli altri, credevi di essere al sicuro da ogni
sorta di dipendenza: no alcol (in dosi elevate), no sigarette, no droga, no
shopping, no cibo, no videogames, no Lost (la dipendenza da caffè non rientra
nel paniere per il calcolo delle dipendenze, il caffè è un diritto).
“Ciao, sono Tizia e sono 3
giorni che non…”. No.
No. No. No.
Non sono ancora così grave. Io, io posso smettere quando voglio.
Sì, sì, sì…
Adesso vi racconto com’è andata e anche voi direte, alla fine, che non
è così grave.
Sabato mi trovavo dalle parti di Spazio Supernova, c’era l’Officina
Lahar e non potevo perdermela.
Stava spuntando il sole. Avrei dovuto accorgermi dell’eccezionalità
del caso, perché spunta sempre il sole quando succede qualcosa.
Entro nell’appartamento e c’era un odore inconfondibile: il profumo
della carta stampata, quello che stanno cercando di imbottigliare a 87,99 con l’etichetta Paper Passion. Quello.
Poi incontro Marco e lì inizia il mio trip. Parte a spiegarmi com’è
nata Lahar Magazine, parole a raffica come un colpo di mitraglietta che lì mi
seccano. E ascolto, vedo l’idea di Marco che gonfia sopra la sua testa, parte e
si dilata come un’enorme macchia di vino rosso sopra una tovaglia bianca. E’
tentacolare e cattura anche me, più veloce e letale del veleno di tarantola. Prigioniera senza sforzo.
Lahar, Lahar, Lahar. I colori intorno si fanno più vividi, il profumo
della carta si confonde con quello del pane km 0 tagliato da poco, sul bancone
dietro di me. Sento l’acre dei pomodorini nelle narici, e il dolce dell’olio che arriva con una
folata di Lahar aperto e steso alla parete. Perché Lahar non lo sfogli, lo
apri.
E Marco parla, e voglio ancora le sue idee, le idee della gente
intorno a noi, le idee di quelli fuori che abboccano alla canna di Lahar
(letteralmente), voglio le idee degli amici e di chiunque abbia un’idea, voglio
le domande del mio amico Francesco, voglio mangiare le parole e più suoni
ascolto, più ne vorrei. Perché le idee fanno così, ti scavano dentro un solco
da riempire e, senza, ti senti balbettante come uno studente che non sa la
lezione.
Ero in un altro mondo anche se non così lontano. Ora il
sole fuori c’era eccome, non stava solo spuntando, stava stravaccato in
poltrona e si godeva la scena.
L’effetto è durato per due giorni interi. Pazzesco.
Ma adesso…
Adesso voglio un altro po’ di idee, vi prego. Giusto per arrivare a Giovedì. Ancora
un po’ e poi smetto.
Perchè io, io smetto quando voglio.
Lo giuro.
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