martedì 24 aprile 2012

Per fortuna c'è la musica!


Stati Uniti, Philadelphia, sorgere del sole. Un pugile corre come un matto e percorre tutto d’un fiato una scalinata interminabile, alzando le braccia al cielo una volta in cima, sulle note di “Gonna fly now”, un po’ come me tutte le mattine (in questa lunga frase c'è una bugia, un premio a chi la trova!).
Cambio di scena.
Incandescente West, mezzogiorno. Il sole frusta implacabile i cappelli di due gringos che si stanno per massacrare. Sguardo penetrante e fisarmonica indimenticabile di Ennio Morricone in “C’era una volta il west”.
Ancora.
Oceano Atlantico, ora aperitivo. Prua di una nave. Due giovani amanti stanno per darsi il loro primo bacio, cullati dai flauti di “My heart will go on”.
Ora riavvolgiamo il tutto e, seduti comodi con pop corn in mano, rivediamo le scene senza musica.
Il minimo che vi possa capitare è avere la sensazione di assistere alla proiezione di un film polacco sulla riproduzione delle pecore nella steppa, senza sottotitoli ovviamente, visto l’assenza di dialogo.
Per fortuna che c’è la musica!
Già, me lo sono detta quando, giorni fa, ho letto un articolo del Corriere sul nuovo album che Yoko Ono, Patti Smith e Jackson Browne stanno producendo per il movimento Occupy Wall Strett. Il giornalista sostiene che in questo periodo storico la musica e gli artisti più famosi non siano sufficientemente coinvolti dalle vicende e dai movimenti che stanno portando evidenti segnali di cambiamento del contesto sociale. La presenza delle star della musica nell'attualità è marginale e farebbe rimpiangere iniziative leggendarie come Woodstock o il concerto nell’isola di Wight. Manca la colonna sonora, insomma. A parte il fatto che non sono del tutto convinta che Janis Joplin, fatta come un caco sul palco nel ‘69, fosse pienamente consapevole di entrare nella storia del rock. Detto questo, la musica è ovunque, e sta cogliendo tutte le opportunità della tecnologia moderna, sfruttandone totalmente ogni sua forma. La sua diffusione e la commercializzazione è talmente tentacolare che la vera questione, penso, non è l’assenza della musica ma il diverso tipo di coinvolgimento della massa e la partecipazione dell’individuo, sia come musicista che come spettatore. Se ti perdi un concerto, ad esempio, te lo puoi rivedere su Youtube o in diretta in streaming. L’utenza è polverizzata, ma può portare allo stesso tipo di risultato. La musica arriva a tutti, imbrigliando le persone in una forma di partecipazione più individualista, sì, ma non meno efficace. Non si può quindi dare del qualunquismo, o dell’hipsterismo (non vedevo l’ora di usare questo termine che odio, per alzare il coperchio della pattumiera e buttarcelo!), anche alla musica.
Per questo abbiamo chiesto ai nostri utenti quale fosse la loro musica del momento, per conoscere le note che stanno accompagnando questi giorni così difficili.
Beh, innanzitutto colgo l’occasione per ringraziare della partecipazione melodica di tutti. Anche perché la segnalazione di alcuni pezzi mi ha già cambiato la vita (quando una canzone ti si pianta nel cervello non te la togli più). Ma più che altro, ho fatto un esperimento.
Ho selezionato quelle più citate e ne ho fatto una piccola play list.  Se voleste provarci, consiglio la riproduzione casuale… quel solletico di attesa e sorpresa rende tutto un po’ più live.
Ho fatto partire la musica e mi sono messa a cucinare, finchè non era finita. Sarà anche stato merito del mezzo litro di Raboso Vivace degustato a piccoli sorsi a rallegrare il tutto, ma vi assicuro che il risultato è stupefacente.
Qualunquismo un cazzo!
Lungi da me da fare il critico musicale e sparare qualche parolone o frase ricercata per sottolineare la mia assoluta ignoranza a riguardo. Ma amo la musica e ascoltando queste canzoni mi sono sentita viva e presente.
Eccole (in elenco assolutamente casuale):


Lilies in the valley - Jun Miyake
Alt! - Teatro degli orrori
Apple tree - Wolfmother
Somebody that I used to know – Gotye ft. Kimbra
Walk - Foo Fighters
L’inno di Mameli
In loving memory - Alter Bridge
Harvest moon - Neil Young
All things must past - George Harrison
Benzina Ogoshi - Subsonica
Poker face - Lady Gaga
Il viaggio (pochi grammi di coraggio) - Daniele Silvestri
Lonely boy - The Black Keys
Young, wild and free – Snoop Dogg & Wiz Khalifa
La descrizione di un attimo - Tiromancino
Titanium – David Guetta ft Sia
I’m free - Rolling Stones
Padania - Afterhours
Neverending Mary - Destrage


Credo che sia estremamente facile e azzeccato parlare del niente non dicendo niente. Mi viene automatico quindi alzare il volume e coprire il rumore con il suono.
Se la colonna sonora è questa poi, il film non dev'essere così male.


FameChimica

venerdì 13 aprile 2012

Pane quotidiano

I viaggi in treno vogliono la scrittura. A meno che uno sia costipato in un carro bestiame, stretto e unto come tonno in scatola. E la prima classe aiuta. Non é abitudine, era l'unica possibilità. Il vantaggio dell'unica possibilità. Viaggiare significa anche sapersi adattare, no?
Ma più che altro non c'é occasione migliore di un viaggio per rispondere alla domanda che mi ero fatta alcuni mesi fa, la stessa che mi ha spinto a bussare alla porta dei nostri amici espatriati e farmi una diagnosi precisa dei miei dubbi. E la risposta, carissimi sostenitori in punta di piedi, é si, voglio scappare.
É proprio un imperativo, un bisogno impellente, come il bagno dopo un litro di birra. Perché scappare? Perché ho molto ma non abbastanza, perché sento la mia città limitata e addormentata, il mio paese lento e i miei coetanei indifferenti. Non ho la certezza spudorata che altrove possa trovare ciò che cerco, ma di sicuro non é qui.
Ho provato a razionalizzare sapendo che il mio grave può essere appena sufficiente, se non buono, visto dall'angolazione giusta. E alla fine mi sono detta che voglio scappare perché non mi sento libera.
Saltando il discorso della fortuna della nostra generazione, perchè ormai è evidente quanto dissonante con quanto sta accadendo nel mondo ora. Evitando i luoghi comuni del giovane di oggi più fortunato del padre, giovane di allora. Dimenticandosi del fatto di essere viziati e svogliati, per quella miccia che ci manca sotto il culo (che forse non è proprio così). Tralasciando tutto questo, ugualmente non mi sento libera, perché non ho un'alternativa. Voglio andarmene non perché non amo il mio paese, ma perché non ho un'alternativa per restarci. E mi sono chiesta se questo é un motivo sufficiente per andarsene. Fatta, altri dubbi cazzo! Quindi mi sono riletta tutte le interviste, al limite della paranoia, come se non fosse già evidente dal tentativo di rendere un blog e una pagina facebook un passepartout per il miglioramento sociale. Delirio, ma sul serio ho chiesto a chi è andato via di raccontarmi il meglio di fuori per portarlo qui. Paroloni senza (molti) fatti. Lo so.
Ma se ci fosse? Se sul serio esistesse un'alternativa me ne andrei?
No.
É come quando uno ha fame e non ha niente in casa, solo acqua e farina, quindi esce per andarsi a comprare qualcosa (non datemi della retrò se ho messo uscire anziché chiamare un take away). Ecco, uno esce.
Ma se imparasse a farsi il pane?
Buon week end.



FameChimica

giovedì 12 aprile 2012

Partenze: ritorni


La sola sensazione che mi veste dopo la rilettura di queste interviste è riempire il trolley scassato, metterci le prime cose a portata di mano, scordarsi il detergente per il viso (rendo l’idea?) e partire.
Ma se non significasse solo questo andarsene? Mi ci voleva qualcuno che stesse tornando, ecco. Quindi mail alla mano, ho chiesto a Paolo di farmi cambiare idea, di provarci almeno, raccontandomi i motivi che lo stanno riportando in Italia, dopo un periodo in Germania.

Quando sei partito, cos'hai messo nella valigia?
Più che riempire la valigia ho riempito la macchina! La tempistica è stata un po' strana, il trasferimento era stato ipotizzato un anno prima, ma era bloccato a causa della crisi... Poi è stato necessario trasferirsi d'urgenza con solo due settimane di preavviso. Ed eccomi in Germania, un anno e mezzo ad Augsburg ed un anno e mezzo a Monaco. Il tempo è volato e la macchina è sempre piena di valigie!

Di cosa ti occupi a Monaco? Cosa ti ha portato quest'esperienza?
Multinazionale, ufficio Acquisti Corporate. Il mondo del lavoro ti porta a girare, il che significa sia stare per qualche anno fisso all'estero, che essere spesso in hotel a destra e sinistra. A suo tempo le alternative erano Asia o Germania, ma ho scelto la seconda, sia per la distanza che per il tipo di lavoro, decisamente più interessante e rivendibile. Col senno di poi la giusta scelta direi...

Volevi vedere il mondo per curiosità o perchè non avevi scelta?
Voglia di cambiare, sia lavorativamente che nel privato. Voglia di evasione dalla routine di tutti i giorni, voglia di fare un periodo all'estero finché si può, voglia di verificare se veramente il Veneto era il posto perfetto per me. E voglia di mettermi alla prova. Il tedesco un pò lo conoscevo, ma lavorare con lingua diversa, altra cultura, e responsabilità in più non è una sfida da sottovalutare. Riassumendo: tante cose tutte assieme, qualcuno direbbe che sono tanti motivi mescolati nel caos. Ma ho trovato la mia certezza, nella mia città sto bene, vicino al mio mare, alle mie Dolomiti!

Ti senti diverso da chi è restato in Italia perchè…?
Sì, mi sento diverso. E’ come se avessi fatto un corso di “intercultural training” di tre anni. Ci sono delle differenze culturali che stando in Italia non si possono capire. Non serve molto, forse basta anche un “Erasmus” che a suo tempo non ho fatto, ma credo che stare un po' all'estero ti apre veramente la mente; forse se tre anni fa qualcuno me lo avesse spiegato ci avrei creduto sì, ma non ci avrei dato tutto il peso di oggi. Anche se Italia e Germania sono vicine geograficamente, e se molti aspetti della storia sono simili o comuni, in realtà le persone di comportano in modo diverso, ed hanno una visione del mondo molto più ampia che dal nostro lato delle Alpi. Per fare un esempio: a molti italiani Milano sembra il centro del mondo per l'economia. E molti compagni di Università si sono trasferiti lì, perchè il Veneto è provinciale al confronto. Poi d'improvviso ti ritrovi all'estero e ti rendi conto che la “Borsa di Milano” neppure viene nominata in Germania. Ho imparato poi ad apprezzare ciò che di buono e di tipico abbiamo. Non parlo solo della pizza, ma anche di tutte le risorse naturalistiche, paesaggistiche e storiche, che purtroppo non sfruttiamo a sufficienza.
Ad ogni modo, tanti discorsi che ora sento in Italia mi fanno ridere, ed in parte mi fanno dire che siamo veramente anni indietro. Nasciamo e cresciamo nella stessa città, convinti che sia il paradiso, o ipocritamente ci lamentiamo che da noi va tutto male; all'estero invece si cambia città molto più frequentemente, e si decide più coscientemente cosa si vuole fare e dove si vuole vivere.

Oggi, a 3 anni di distanza, sei pronto per riprendere la valigia e tornare in Italia. Mancanza del tuo paese o insofferenza verso la Germania?
Direi la prima. Il mare, il sole. Pare strano ma sono disposto a pagare più tasse, ma distante dal mare non riesco più a stare! (ndr applauso al nostro intervistato che riesce a far le rime) E poi un quinto inverno con troppa neve e freddo non fa per me! Faccio mia la teoria che la neve sta bene sulle piste da sci, con l'eccezione del Natale dove è ammessa anche in città.

Tornare ti spaventa? Se sì cosa?
Tutti mi chiedono se sono preoccupato del lavoro, della crisi, dicono che in Germania sarei più sicuro. Forse è vero, ma la vita non è solo lavoro, e chi si dà da fare trova lavoro anche da noi. Non sono pessimista. Come dico scherzosamente, un chiosco in spiaggia dove lavorare lo trovo senza grossi problemi! Forse il punto di domanda che più mi preoccupa realmente è il rischio di annoiarmi. Professionalmente manterrò l'attuale responsabilità internazionale e la possibilità di viaggiare all'estero, che non guasta. Ma nel privato essere sempre e solo nei soliti posti non credo che farà per me, come prima che partissi. Uno dei motivi che mi ha spinto a partire è stato questo. Soluzione facile, girare il weekend e viaggiare all'estero nelle ferie, basta volerlo!

Cos'è la prima cosa che farai una volta tornato definitivamente?
In realtà ogni 2 weekend ho fatto la spola verso Treviso: 5-6 ore di auto non sono poi tante. Quindi non mi sono fatto mancare gli amici, i bar, il mare d'estate e d'inverno e la famiglia. Perchè sono tornato così spesso? Affetti a parte, fin dall'inizio la risposta è stata: voglio vivere il Paese in cui vivo, ma non voglio perdere l'Italia. Ho macinato migliaia di chilometri ma son contento della scelta.

Birra o spritz?
Entrambi. E anche un bel vinello in un bacaro veneziano.