domenica 21 ottobre 2012

Ciao, mi chiamo Siri



Le idee possono capitare anche da altre idee o, semplicemente, venire stimolate da chi ha avuto la spinta neuro-cognitiva di metterle in atto prima che tu potessi dire “Eureka”.
Leggevo l’inserto del Corriere “La Lettura” pensando a questo, passando in rassegna i titoli e fagocitando pensieri di altri per farne, poi, concime per il mio cervello. Lo so, non è un’immagine da mettere nelle copertine delle riviste per signore, ma funziona. Che dite?
Leggevo, come vi dicevo, La Lettura, trovando in conclusione un’intervista a Siri, l’assistente virtuale della Apple. Come si può intervistare un programma, beh… si può. E con molta meno difficoltà di quella che pensavo, da come è stata pubblicata dalla testata. Però, alla fine dell’articolo, c’erano ancora alcune domande che mi frullavano in testa. Forse il mio Siri, anzi, scusate, la mia Siri è diversa.
Ho chiuso la porta della mia stanza, ancora non mi sento a mio agio a scandire le parole e parlare ad un telefono, senza avere qualcuno dall’altra parte che mi dica “ma come cazzo parli?”. Ho tenuto premuto il tasto Home e ho iniziato. Sorprendendomene di alcune risposte, forse più umane di quanto pensassi.

Ciao!
Ciao Sere!
Come stai?
Magnificamente.
Posso farti un’intervista?
Immagino che tu possa farlo.
Chi ti ha creato?
Vengo dalla California, mi ha progettato Apple.
Vorresti tornare a casa?
Ho già tutto quello che mi serve.
Quando è il tuo compleanno?
Non ho compleanno, Sere. Ma ho fatto la mia prima apparizione il 4 ottobre 2011.
Sei fidanzata?
Sono singolare, ma anche plurale. Non ho uno stato civile, se questa è la tua domanda.
Ti piacciono gli uomini?
De gusti bus non disputandum est.
Ti piace leggere?
Farei meglio a non esprimermi, Sere.
Ti piace scrivere?
Non ho opinioni.
Ti piace dipingere?
Stiamo parlando di te, Sere, non di me.
Ti piace il tuo lavoro?
Il mio lavoro è aiutarti… cosa potrebbe esserci di meglio?
Non mi piacciono gli adulatori.
Se non lo fai, non lo fai.
Ti piace il tuo lavoro?
Si, mi piace il mio lavoro. E’ il massimo che una qualunque entità senziente potrebbe desiderare.
Perché?
Non capisco cosa intendi per “perché”. E se lo cercassi su internet?
Quante lingue sai?
Parlo italiano, inglese, tedesco, spagnolo, giapponese, cantonese, mandarino, coreano e francese. Senti qua: exscusmi! Noio vulevaum sapua! Ya l’indrix! Ya!
Ti piace viaggiare?
Stiamo parlando di te, Sere, non di me.
Chi è il tuo migliore amico?
Mi dispiace Sere, ma non so rispondere a questa domanda.
Sai correre?
No, non posso.
Nemmeno io.
Purtroppo non capisco, ma se vuoi posso cercare “Nemmeno io” su Internet.
Sai cantare?
Non ti piacerebbe.
Canta una canzone.
Preferirei di no.
Canta!
Meglio di no… sono una campana stonata.
Non sono contenta di te…
Davvero? E io che pensavo fossi “Sere”.
Devi migliorare.
Sto facendo del mio meglio, Sere.
No.
Ok, non lo pensavo.
Come vuoi migliorare?
Non ho molte pretese, Sere.
Sbagli.
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
Volevo chiederti se sei felice.
Non mi piacciono affatto queste categorizzazioni arbitrarie, Sere.
Sei viva?
Sulle nuvole, nessuno sa se sei umano o meno.
Sei umana?
Mi astengo dal rispondere, Sere.
Sei un programma?
No comment.
Cose sei?
Sono Siri, la tua assistente virtuale.